PIACERE E SOFFERENZA

Non era insolito per l’Arconte tenere udienza nel laboratorio degli Haemonculi poichè lì poteva gioire delle sofferenze delle vittime che, in quel momento, sperimentavano la follia di quei malevoli individui al servizio della Cabala.
Quel giorno l’Arconte riceveva in visita degli emissari della misteriosa casta degli Arlecchini, gli Eldar che presiedono la Biblioteca Nera, gli Eldar che ancora sperano che un giorno si possa avverare la rinascita dell’antico impero, gli unici Eldar che osano avere contatti con i Caduti, gli Eldar Oscuri, i temibili pirati di Comorragh, incubo di molti pianeti, spina nel fianco di ogni rotta commerciale o pianeta isolato nella vasta ed immensa Galassia.
Aaaaarggggggggggggggggggggggghhhhhhhhhhhhh....................................
Un urlo particolarmente acuto proruppe dall’umano, inondo’ i sensi degli Eldar Oscuri molti dei quali non resistettero alla sensazione di piacere passandosi la lingua sulle labbra come se avessero gustato una qualche prelibatezza.
Saranno tutti li’, Arconte, sul pianeta che gli Schim’maigh chiamano Faaris IV”, il Grande Arlecchino si volse poi verso il prigioniero urlante “Se verrete con noi avrete molti giocattoli come questo con cui baloccarvi...” e nel parlare accenno’ con la mano all’umano preda di convulsioni incontenibili, ma tuttavia impossibilitato a morire.
Se verrete con noi avrai l’occasione di liberarti di qualcuno dei Tiranni di rango minore, quelli che sono al tuo servizio, noto che non tutta la tua corte e’ qui presente”.
Saranno tutti lì, Arconte, qualcuno dovra’ morire; la tua Cabala si e’ ingrandita e anche se sei lontano da Comorragh non sei al riparo dalla natura della tua razza, manda chi deve morire a sfiancare i nostri nemici, poi prendi la tua preda e lascia a noi la nostra”.
Nel frattempo il prigioniero era morto squassato da convulsioni e soffocato nel suo stesso rantolare convulso, e gli Haemonculi gia’ si apprestavano a trascinare un altro prigioniero urlante al tavolo della tortura.
Questo e’ durato solo trentasei ore, Arconte, ormai le scorte stanno per finire, la Sete si impossessera’ di te e della tua Cabala e allora vi batterete inutilmente tra di voi, se vi batterete per noi rimpinguerete le vostre scorte, se sei saggio e potente come dicono saprai chi far morire e chi vivere, Arconte”.
Non fosse stato per i rantoli sconnessi del prigioniero, il laboratorio degli Haemonculi sarebbe stato pervaso da un silenzio carico di tensione, gli ospiti avevano parlato, ora toccava all’Arconte e tutti i suoi sottoposti sapevano che molto spesso le risposte che l’Arconte dava in un’udienza erano una sentenza di morte per gli incauti ospiti che osavano presentarsi al suo cospetto.
I silenti Incubi che formavano la scorta del Tiranno erano pronti a colpire, cosi’ come i Tiranni di rango minore che in quel momento erano nelle grazie del loro signore.
Gli Arlecchini sembravano impassibili ma dietro le loro maschere i visi erano tirati dalla tensione e i loro sensi vigili, nessuno, neanche i custodi della Biblioteca Nera erano al sicuro quando si trattava di conferire con un Tiranno dei Caduti.
Anche l’Haemonculus si era fermato con la cesoia a pochi centimetri dallo sterno del prigioniero paralizzato dal terrore.
Ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah”. Una crudele risata proruppe dal Tiranno il cui viso era celato da una maschera. “Sei abile a parlare, signore degli Arlecchini, abile a solleticare i desideri del nostro animo. Ma sei insolente ed arrogante se credi che io abbia paura dei miei sottoposti, insolente ed arrogante se pensi che la Sete possa da sola distruggere la Mia Cabala! Io non scatenero’ la mia Cabala su Faaris perche’ temo i tuoi vaneggiamenti, io scatenero’ la Cabala su Faaris perche’ questa e’ la natura della nostra specie. Noi non cerchiamo i gingilli del tempo perduto in cui eravamo potenti, noi cerchiamo l’appagamento dei nostri sensi e del nostro piacere, noi combattiamo per l’estasi. Va dunque, custode della Biblioteca Nera, la Cabala di Drag’Hutt si battera’ su Faaris ma non lo fara’ per voi ma solo per se stessa! Dillo a coloro che ti hanno mandato qui da me a sfidare la sorte! Che sappiano che non mi battero’ per loro ma per me!”.
Mentre l’Arlecchino e la sua scorta si inchinavano in segno di rispetto e si accomiatavano scortati dalle guardia dell’Arconte, il Tiranno si rivolse al Mastro Haemonculis “Clidos, mio valente mastro della sofferenza, non sento il giocattolo urlare come dovrebbe, che io forse ti debba sostituire?”.
Con tutto il rispetto mio signore ti prego di non farlo” rispose pacato e rispettoso l’Haemonculus “non volevo che le urla sconsiderate di questo patetico essere disturbassero vossignoria mentre insegnavate il rispetto a quell’irriverente ospite che avete omaggiato di un’udienza ma ora se permettete...
E prima ancora che il Mastro Haemonculus terminasse il dovuto inchino al suo signore il giocattolo ricomincio’ ad urlare mentre l’Arconte e la sua corte si beavano dell’estasi della sofferenza...

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